Una visita a sorpresa
Ero abituato a progetti di cooperazione che partivano alla grande e poi, dopo alcuni mesi in cui gli esperti e gli espatriati avevano allentato la presa, iniziavano ad andare a rotoli.
Tornai ad Awassa con quest’idea fissa in testa: avrei trovato delle galline dentro la panetteria, polvere dappertutto, dei rimasugli della produzione di pane che erano diventati il loro mangime e, in un angolo, una montagna enorme di panini fossilizzati ormai buoni solo come materiale da costruzione.
La mia meraviglia, invece, quando senza avvisare mi sono recato al laboratorio che avevamo inaugurato quattro mesi fa e l’ho trovato perfettamente in ordine, pulito, funzionante, con gli operai e i fornai nelle loro belle divise blu, e la fragranza del pane appena sfornato a riempire l’aria.
Sfogliando i registri di produzione, anche questi ben tenuti, ancora non volevo crederci. Ho preso la calcolatrice del telefonino, rifatto il calcolo due volte e tornava sempre centoventimila.
Ho contato accuratamente gli zeri. 120.000. Sì, erano quattro zeri, erano proprio centoventimila panini, sfornati e venduti in quattro mesi. Ho riso soddisfatto mentre entravano il manager e la direttrice dell’Ong, sorpresi nel trovarmi lì, ma gratificati, prima ancora che aprissi bocca, dal sorriso a trentadue denti che mi vedevano stampato in faccia e che parlava per loro più di ogni complimento.