L’ingera con gli occhi
Non c’è dubbio che quando si pensa al cibo in Etiopia venga in mente l’ingera: quel pane basso, spugnoso e dal sapore lievemente acidulo con cui si consumano tutti gli stufati e gli intingoli tipici della tradizione culinaria del luogo. Oggi il prezzo della farina di teff, il cerale endemico senza glutine con cui principalmente si prepara l’ingera, è ormai alle stelle. La pagnotta e varie forme di pane comune di grano tenero sono così diventati il cibo più diffuso e popolare, quello che tutti ormai consumano almeno una volta al giorno. Ma, nonostante ciò, l’ingera se la mangiano ancora in tanti, tantissimi. E non è facile farsela a casa, se non sia hanno la piastra apposta e se non si prepara per tempo la miscela di acqua e farina di teff che si lascia a fermentare perché i lattobacilli facciano il loro lavoro. Una buona ingera ha gli occhi, si dice, quei minuscoli forellini che vengono creati tramite la cottura, liberando le bolle di anidride carbonica intrappolate durante il processo.
Alla panetteria di Beteseb, quelli del pane “Mangiamo assieme!” – i cui proventi vanno per il sostegno e la riabilitazione dei ragazzi di strada di Hawassa -, hanno pensato di venderla. La fanno davvero buona e ne vendono anche abbastanza nei tre attuali punti vendita. Dopo il pane e qualche dolce particolare è il prodotto con cui fanno più incassi. Il bello è che, ovviamente, è stata tutta farina del loro sacco, per rimanere in tema. Di certo non c’è stato bisogno di fare formazione o insegnare loro quello che noi non sappiamo. E che dire delle donne coinvolte che hanno un salario mensile grazie a questa bella idea? Una volta in più, ci pare che lavorare per valorizzare le risorse esistenti e diffondere competenze sul territorio possa poi mettere in moto energie e opportunità inaspettate.